Notiziario

La democrazia è partecipazione. Intervista al prof. Massimiliano Colombi

In merito all’attuale clima politico che sta vivendo il nostro Paese, anche alla luce del prossimo quesito referendario, abbiamo rivolto alcune domande al prof. Massimiliano Colombi, docente di sociologia presso l'Istituto Teologico Marchigiano.

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Prof. Colombi, che impressione ha del dibattito in corso?

Partirei da un elemento positivo: dopo anni, si vedono tanti giovani impegnati in questa campagna referendaria, attraverso l’organizzazione di momenti di ascolto e approfondimento. Questo indica una ripresa di traiettorie di partecipazione e di impegno. Parimenti confortante è che le forze politiche sono tornate in mezzo alle persone con diverse iniziative, più o meno strutturate.

Non si corre però il rischio che il voto su una legge costituzionale divenga un giudizio di merito sull’operato del governo?

È una criticità, ossia che la casa comune, cioè la costituzione, è stata trasformata in una “sfida all’O.K. Corral”. L’idea stessa di “comune” è stata violentata, anche se tale ideale non è in contrasto con quello di conflitto. Di solito pensiamo che il benessere comporti sempre l’accordo, ma in realtà la democrazia nasce per permettere il confronto, evitando che tensioni interne sfocino in qualcosa di peggiore. Il conflitto in sé non sarebbe negativo, ma fanno discutere le modalità con cui esso viene risolto.

Questo stile di approccio al voto, nel quale spesso prevale la protesta sulla riflessione istituzionale, è secondo lei frutto di demagogia o di sfiducia nel sistema politico?

Assieme ad alcuni costituzionalisti, ritengo che questa aspra campagna avvenga dentro la cornice della democrazia senza rischi di governi autocratici o oligarchici. Credo fermamente che le comunità siano interessate ad assumere di nuovo un ruolo di responsabilità nei confronti della cosa comune. Ci si chiede se crescerà il populismo o la destra invece che la sinistra, oppure quale fine faranno i partiti cattolici… in questo momento sono domande interessanti, ma le lascerei sullo sfondo. Più preoccupante è che sorga un numero crescente di persone sempre contrarie a chi governa, come se i governanti non mantenessero mai le promesse elettorali. Sussiste una divisione tra chi è scontento per le promesse palesemente insostenibili e chi non vede esauditi i propri desideri, provandone frustrazione. La domanda è: “Critico chi governa, perché non fa il bene comune o quello individuale?” Inoltre, va considerata la variabile tempo: tutti aspettiamo governanti che rapidamente risolvano questioni complesse. Questa proiezione dal “qui e ora” ai tempi lunghi della politica è una sfida. Chi governa, poi, spesso deresponsabilizza chi critica, producendo capri espiatori su cui si accanisce l’esercito dei denigratori che è nei social. Non ne scaturisce però mai la domanda: “Io come contribuisco a questo governo delle comunità?”. C’è molta confusione sulla cosiddetta “antipolitica”, ma soprattutto una proiezione del personale delirio di onnipotenza sul tema della politica in genere.

(a cura di Silvio Giampieri e di Federico Rango)

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