Notiziario

NEI GIORNI DEL BUIO UNA LUCE: IL MESSALE

Parlare in questo tempo di pandemia di messale può sembrare, non senza ragione, assolutamente inopportuno visto che tutti siamo chiamati ad occuparci di come accompagnare i malati ed interrompere la catena dei contagi: una forma importante di carità.

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Questa che sembra essere una stranezza in realtà è una cosa che vediamo abitualmente nella Chiesa. Penso a Pio XII che in pieno conflitto mondiale e subito dopo pubblica documenti che riguardano la Chiesa, gli studi biblici, la riforma della liturgia e del ministero ordinato: proprio nel 1948 questo Papa ha voluto dare indicazioni sulla liturgia che saranno poi, in parte, l’ispirazione della Sacrosanctum Concilium.

Ma è proprio una distrazione rispetto ai problemi che affliggono l’umanità? Senza nulla togliere alla necessità e al valore degli interventi per affrontare tali questioni (oggi la medicina e l’economia devono fare la loro parte), la Chiesa sente di dover testimoniare che l’uomo, ogni uomo e in ogni tempo, ha bisogno di custodire e vivere la relazione con Dio, il Mistero che è nascosto nel cuore di tutti: perché “Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4).

La nuova edizione del messale in lingua italiana è l’occasione per rimettere mano alla riforma liturgica che nonostante i nostri sforzi resta ancora lontana dalla sua attuazione. Perché, come scriveva Romano Guardini nel 1964, è estremamente necessario il lavoro per “un'autentica formazione liturgica. Se non viene iniziato, la riforma dei testi non gioverà molto”.

Ecco la ragione di questa nuova edizione del messale: aiutare le comunità a celebrare l’eucarestia come esperienza dell’azione di Cristo nella nostra storia ed anche come possibilità, sempre attraverso di Lui, di offrire noi stessi a Dio (atto di culto) e sperimentare così la sua salvezza. Questo è oggi più ce mai necessario!

Il messale è come un grande spartito per orchestra. Ci sono tutti gli strumenti ma non ci sono spettatori. Tutti suonano: chi presiede (vescovo o presbitero), i diaconi, i ministri, i cantori e tutta l’assemblea. Tutti celebrano, ognuno con un ruolo proprio; ma come la capacità dei musicisti, insieme a quella del direttore d’orchestra, fanno la qualità dell’esecuzione e quindi dell’esperienza, così la celebrazione eucaristica, mantenendosi fedele allo spartito del messale, può avere effetti diversi a seconda delle capacità spirituali e rituali di chi la esegue. Perché il linguaggio della liturgia, che non è interiore ma è fatto di riti e di preghiere, non solo esprime la fede ma la irrobustisce e la fa crescere(cf. SC 59).

Al di là delle novità che hanno impatto soprattutto mediatico, come la nuova traduzione del Gloria e del Padre nostro fatte allo scopo di rendere i testi più fedeli al NT, segnalo il cambio di traduzione di alcune frasi della seconda e terza preghiera eucaristica. Là dove diceva “Padre veramente santo fonte di ogni santità” ora la traduzione così suona: “Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità”. Qui la cosa si fa interessante perché ci permette di comprendere qualcosa del movimento interno alla preghiera eucaristica e di tutta la preghiera cristiana: prima di invocare autorevolmente lo Spirito Santo sui doni e sulla comunità facciamo memoria delle opere di Dio sia nel prefazio sia nel testo che segue il Santo. La conclusione è una sola: veramente santo sei tu o Padre. Così la preghiera eucaristica diventa scuola di preghiera perché ci insegna che essa parte sempre dalla memoria grata delle sue opere: possiamo chiedere qualunque cosa certi di essere esauditi, come ha promesso Gesù; Lui ci ha già dato tutto.

Don Giovanni Frausini

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